3. Che tu sia per me il coltello - David Grossman
Buongiorno a tutti!
Finalmente è arrivata la fine del mese, e come al solito arriva anche la nostra recensione del libro della rubrica Leggiamo insieme. A settembre il libro scelto è stato Che tu sia per me il coltello di David Grossman.
Ricordiamo inoltre che da questo mese pubblicheremo, oltre alla nostra recensione, anche quella di Luca De Feo, un ragazzo che condivide con noi questo progetto.
LA NOSTRA RECENSIONE:
"Come vorrei pensare a noi come a due persone che si sono fatte un'iniezione di verità per dirla, finalmente, la verità. Sarei felice di poter dire a me stesso: "Con lei ho stillato la verità". Si, è questo che voglio. Voglio che tu sia per me il coltello."
Quando abbiamo cominciato a leggere Che tu sia per me il coltello entrambe siamo rimaste abbastanza intimorite dalla struttura del libro, è infatti un romanzo epistolare e quindi privo di dialoghi e molto fitto. Abbiamo fatto fatica ad addentrarci nella storia in quanto è una lettura abbastanza impegnativa. Una volta individuata la chiave di lettura però abbiamo compreso la profondità di questo romanzo quasi struggente. Le vite di Yair e Myriam procedono su due binari separati, quando un giorno Yair decide di far irruzione sul treno di Myriam. Yair, uomo sposato e padre di famiglia, come fuga dalla realtà decide di intraprendere una relazione epistolare con Myriam, anch'essa sposata e titubante verso la proposta di Yair. Potremmo definire l'atteggiamento di Yair inizialmente come il classico "tira il sasso e nasconde la mano", infatti nelle sue lettere iniziali, a tratti molto difficili da comprendere, si lascia trasportare dalla passione e dalla fantasia, (probabilmente consapevole del fatto che i due non si vedranno) quasi esagerando. Ma non appena percepisce un riscontro da Myriam, si tira indietro. Nonostante la prima parte del libro sia costituita unicamente dalle lettere di Yair, attraverso le sue parole, riusciamo ad avere una immagine chiara dei tratti caratteriali e della personalità di Myriam. Yair fa di Miriam la propria musa ispiratrice ma anche la sua confidente più intima, le racconta aneddoti di vita quasi rimossi e lo aiuta a rielaborare situazioni complicate della sua infanzia, specialmente il rapporto difficile col padre. I due protagonisti vivono la loro relazione in uno spazio tutto loro in un arco di tempo che sembra creato apposta per loro. Man mano che la loro conoscenza scende in profondità, abbiamo un cambiamento di carattere da parte di Yair che, se prima si mostra più riservato e composto, lascia spazio a un'ironia che ci ha fatto spesso sorridere!
" è stato stupendo sentire il tuo tono di meraviglia quando dici di essere felice ultimamente. È la prima volta che questa parola compare nelle tue lettere. L'ho mandata subito ad analizzare in laboratorio e mi hanno confermato che si tratta proprio di felicità!" Il libro è sicuramente impegnativo e complesso, a livello di struttura e di stile linguistico, racchiude in sé la profondità dei rapporti umani. Essi vanno desiderati e coltivati, come Yarir fa con Miriam, senza rinunciarvi alla prima difficoltà.
È bellissimo percepire attraverso le lettere quanto importanti siano l'uno per l'altra, e come attendano impazienti la risposta dell'altro. Quando si scrivono e si "leggono" esistono solo loro due, il mondo intorno piano piano svanisce.
L'espressione "Che tu sia per me il coltello" non è altro che una bellissima metafora, per cui attraverso l'altro ci si guarda dentro, ci si esplora abbandondo le maschere per essere finalmente se stessi. "Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso"
RECENSIONE A CURA DI LUCA DE FEO:
Che tu sia per me il coltello è un romanzo dicotomicamente epistolare, in cui la prima parte è scritta da Yair e la seconda, complementare, da Myriam. Dal punto di vista stilistico la prima parte (Yair) del libro è caratterizzata da una lettura a scatto, poiché si presenta ricca di punteggiatura che genera a tratti angoscia e ansia, sentimenti condivisi dal protagonista. Talvolta è inframmezzata da domande dirette, flashbacks e riflessioni a voce alta di Yair, come se volesse interrogare il lettore a tal proposito. Il libro inizialmente si presenta come “bloccato”, nel senso che la storia stenta ad avere inizio, dal momento che non si capisce subito se la corrispondenza tra i due protagonisti sia vera, o frutto di un’illusione di Yair. Vi sono momenti in cui sembra che il protagonista sia affetto da personalità multipla o disturbo bipolare – ciononostante le lettere di Yair sono molto ricche di descrizioni paesaggistiche ben dettagliate, molto realistiche. È interessante come sia presente, ripetuto molto volte nel libro, il verbo “cominciare”, che etimologicamente significa “iniziare con” – il nostro protagonista maschile Yair, descrive nelle sue lettere come sia difficile essere se stessi con le persone che conosciamo e dimostra, indissolubilmente, come sia invece molto semplice e facile parlare dei propri problemi, dei dubbi interiori con completi estranei o con persone che incrociano il nostro cammino per un breve istante.
Yair e Myriam, li possiamo definire come dei prigionieri della vita, un uomo e una donna semplici, persone comuni, che hanno sempre dovuto sottostare alle “leggi”, anche non scritte, della società. Subendo quindi abusi, soprattutto psicologici, che ne hanno minato l’autostima. I nostri protagonisti hanno sempre lottato per dimostrare di essere all’altezza delle aspettative, hanno strenuamente ricercato l’approvazione dei loro genitori – i quali erano molto spesso autoritari e poco autorevoli. È evidente come l’educazione che riceviamo dai nostri genitori si rifletta poi sul nostro carattere e sulle nostre azioni future e come a volte, purtroppo, soffochi certe emozioni o sfumature della nostra personalità. Il riferimento a Kafka (autore tedesco) è molto toccante: i genitori vogliono sempre il meglio per i propri figli, ma a volte quello che loro credono essere il meglio, non lo è.
[…] “com’è che sai dare, e così bene, ciò che non hai mai ricevuto?”, questa frase, che taglia veramente come un coltello, esprime come il passato di ciascuno di noi si ripresenti prepotentemente in ciò che siamo e in ciò che facciamo. Rimarca il concetto delle “questioni in sospeso”, che se non risolte possono trasformarsi in fardelli troppo pesanti da affrontare o possono diventare un ostacolo alla nostra felicità.
Durante la lettura delle pagine di Yair, si può notare come si ripresenti a momenti, un paragrafare scarno e una scrittura altamente disorganizzata che rende difficile la lettura – introducendo quindi una sensazione di incertezza e smarrimento. Questa capacità narrativa riflette esattamente ciò che viene definito “il potere psicologico delle parole”, tale concetto viene anche ripreso dal protagonista stesso, quando scrive […] “io sono uno che soffoca nelle parole” – non dimentichiamoci che le parole sono una delle armi più potenti che possediamo, sono davvero taglienti come coltelli.
Altri messaggi trasmessi dai protagonisti riguardano la sfera dei rapporti personali, si legge come Yair a Myriam a volte si perdano in descrizioni erotiche, edonistiche pur non giungendo mai al reale atto sessuale – tutto rimane platonicamente raccontato nelle loro lettere. Entrambi sembrano essere prigionieri della loro relazione, sembrano essere “posseduti” da un’incapacità di vedersi attraverso gli occhi delle persone cui stanno accanto – ma alla fine si capisce come in realtà siano solamente prigionieri di se stessi. Questo tormento interiore, si riflette anche nei loro racconti a proposito delle amicizie, Ana per Myriam e l'amico per Yair, e nei rapporti con i rispettivi figli.
Ultimi messaggi sono “la sofferenza che rende felici” e “non c’è tempo per niente”.
Il primo è di difficile interpretazione, perché non è possibile capire come si possa essere felici mentre si soffre – è un concetto che il nostro essere umano non riesce a fare suo. Ci sono momenti però, in cui la parte più recondita del nostro essere, il cosiddetto “istinto di sopravvivenza”, talvolta confuso con mero egoismo, ci fa “gioire” della sofferenza altrui – è un sentimento riprovevole ma che, aimè, a ognuno di noi è capitato una volta nella vita, in maniera del tutto inaspettata e imprevedibile. È una sensazione ambigua che immediatamente si tramuta in castigazione interiore auto-inflitta, per espiare tale pensiero.
Il secondo invece, molto più attuale, ricalca la frenesia della vita moderna, dove tutto corre, tutto è veloce e non permette di soffermarsi, di riflettere o di prestare attenzione. L’assenza di tempo rende tutti soli e invisibili, pur essendo la società moderna pervasa dai social, dove ciascuno di noi è alla portata e alla vista di tutti.
Quest’ultimo messaggio, penso, riguardi anche il rapporto tra l’essere diretti e il dare per scontato – molte volte non ci soffermiamo su ciò che ci accade o su quello che ci viene detto, e molto più importante non pensiamo, talune volte, alle conseguenze che le nostre azioni o meglio, le nostre parole possono avere. Il tempo è qualcosa che non possiamo controllare, ma possiamo e dobbiamo gestire, dobbiamo imparare a dargli valore, in quanto è l’unico “oggetto di scambio” che possediamo, è il regalo più grande che possiamo fare, perché una volta “speso” non può più tornare indietro.
Commento: personalmente ho trovato il libro interessante, premetto che non è il genere di libri che prediligo, ma ha offerto grandi spunti di riflessione su argomenti molto attuali e anche molto complessi. È un libro che deve essere capito, compreso – il che non è semplice, all’inizio può risultare monotono e noioso, e a tratti un po’ ambiguo. Poi pian piano acquisisce un fascino particolare, soprattutto quando finalmente si capisce che la corrispondenza è vera, c’è veramente un’altra persona che risponde alle lettere. Ritengo che la parte di Myriam sia la più “bella”, la più umana – mentre la parte di Yair risulta essere la più “aggressiva”, più selvaggia. Sono ovviamente caratteristiche dell’essere donna e dell’essere uomo, che però possono mescolarsi e fondersi tra di loro, fino a toccarsi e in certi casi scambiarsi. Forse è proprio questo che chiamiamo amore, il fatto che qualcuno possa essere un “coltello“ in grado di aprirci lentamente, di farci male ma allo stesso tempo farci sentire vivi. Ovviamente non viviamo nel mondo delle fiabe e non sempre l’amore è ciò che avevamo immaginato, a volte è arido, opprimente, violento e pericoloso. Amore non è possedere, è iniziare a condividere, comprendere, vivere con qualcuno emozioni incredibili.
Voto oggettivo: 3/5
Considerando capacità di lettura, coinvolgimento e interesse.
Voto soggettivo: 3/5
Considerando aspetti e gusti personali.